lunedì 13 giugno 2011

martedì 31 maggio 2011

Uomo basso, memoria corta



Silvio Berlusconi ha sottolineato che questo è "un voto non solo per un buon sindaco ma anche per confermare e sostenere il governo nazionale. La sinistra aspetta i risultati perché con la solita doppia faccia dirà, se dovesse vincere che il governo deve andare a casa, se dovesse perdere che erano semplici elezioni locali". 13 maggio 2011





Berlusconi, Sbagliato caricare di significato politico il voto sui Comuni (Corriere.it, 25 maggio 2011)

giovedì 21 aprile 2011

A Milano il candidato di B. sostenuto dalle frange malavitose degli ultras

In una mail i Viking Juve chiedono di votare Marco Clemente. Capo del gruppo ultras è Loris Grancini considerato vicino ai clan di Cosa nostra e della 'ndrangheta. Secondo la polizia, nel 2008, il candidato del Pdl incontrò il boss Salvatore Barbaro per chiedergli di attivarsi sulla comunità calabrese per votare il partito azzurro alle politiche del 2008

Da giorni in rete gira una strana mail. Recita: “Ciao, sono Christian, sto sostenendo la candidatura di Marco Clemente a consigliere comunale per le elezioni amministrative di Milano del maggio 2011. Stiamo raccogliendo voti sicuri, tra tutte le persone che si conoscono”. Quindi prosegue: “Sono voti PdL con preferenza Clemente. È una cosa molto seria, a cui tengo, infatti sto organizzando la sua campagna elettorale personalmente. Fai il possibile”. L’indirizzo di posta è info@vikingjuve.it. E fa riferimento a uno dei gruppi ultras della Juventus, la cui sede non è a Torino, bensì a Milano. Naturalmente il messaggio non è rivolto a tutti, ma ai curvaioli da stadio. Da qui Christian intende partire per far incetta di preferenze. Tanto che in allegato mette una scheda su cui indicare cognome, nome, indirizzo, telefono e mail del possibile sostenitore nell’urna. Insomma, questo è il bacino elettorale di Marco Clemente, che, secondo alcune informative della squadra mobile di Milano, basate su fonti confidenziali, su mandato del ministro Ignazio La Russa, avrebbe contattato il boss della ‘ndrangheta Salvatore Barbaro per chiedere un suo intervento “su tutta la comunità calabrese al fine di far votare il Popolo delle libertà”. I documenti della polizia, che non hanno valore di prova, si riferiscono alle politiche del 2008.

Ora, però, questa mail aggiunge particolari a un quadro su cui da tempo pesa l’ombra della criminalità organizzata. Proseguiamo. A capo dei Viking della Juventus, infatti, c’è Loris Grancini, campione di poker, ma soprattutto considerato uomo vicino a Cosa nostra e alla cosca calabrese dei Rappocciolo. Gli investigatori della squadra Mobile lo ritengono “abilissimo a far perdere le proprie tracce soprattutto per il suo inserimento in circuiti criminali di elevato spessore”. Già protagonista della sparatoria di viale Faenza che nel 1998 trasformò Milano in un autentico far-west metropolitano, Grancini viene coinvolto in un’inchiesta per tentato omicidio. Di più: il suo nome compare nelle informative della Digos che nel 2007 portano in carcere alcuni capi della curva milanista con l’accusa di tentata estorsione alla stessa società rossonera. Tra loro c’è Giancarlo Lombardi, alias Sandokan, anche lui con ottime entrature nel milieu mafioso in riva al Naviglio. Con Grancini va d’amore e d’accordo. I due condividono affari e passioni politiche, naturalmente declinate ai valori di quella destra da tempo rifluita nel Pdl. Tanto che già alle scorse regionali, Lombardi e Grancini sposano la causa elettorale del berlusconiano Angelo Giammario. Attuale consigliere regionale, Giammario è anche membro dell’associazione culturale Arché assieme allo stesso Clemente che in curriculum può mettere un matrimonio con Roberta Capotosti, ex Msi, dirigente del Fuan, fedelissima di Alemanno prima e di La Russa poi.

Clemente non risulta indagato. Ma il suo nome compare spesso nelle informative che si occupano della ‘ndrangheta padana. Capita in quelle della maxi-inchiesta del luglio scorso e guarda caso insieme a Loris Grancini. I due, si legge in un’annotazione dei carabinieri di Monza, lavorano per far ottenere favori carcerari a un boss. Quindi si replica nell’ultima inchiesta sulla gestione della security da parte della cosca Flachi. Nel febbraio 2008, il futuro candidato del Pdl, sul quale puntano gli ultras da stadio, si trova in un night. Davanti ha un tale Pinone, al secolo Giuseppe Amato, luogotenente della ‘ndrangheta, che gli sta illustrando la gestione del pizzo nei locali dell’happyhour. E del resto, lo stesso Clemente s’intende di locali, viste le sue partecipazioni societarie nel Lime Light, la discoteca milanese che nel 2008 fa da sfondo alla festa di fine campagna elettorale del Pdl.
Fonte:ilfattoquotidiano.it

mercoledì 20 aprile 2011

Il mondo visto a modo proprio

Sono tagli alla cultura o minori spese?

giovedì 10 marzo 2011

Ne uccide più l’alcol

Il giulivo Giovanardi, sottosegretario alla Famiglia, va molto fiero dei suoi spot antidroga. Quelli con lo slogan “Non ti fare. Fatti la tua vita” e la voce di Nek che sprona i bravi ragazzi a girare le spalle alla droga per dedicarsi al piccolo grande amore che li aspetta sulla soglia della vita con i capelli biondi e gli occhi blu.

Niente di male, ci mancherebbe. Salvo che al sottosegretario andrebbe anche spiegato che la droga più pericolosa consumata in Italia non è tanto la demoniaca bustina bianca dei suoi spot, ma i milioni di bottiglie di alcol che arredano la vita degli italiani, intasano gli spot, i film, le città. Ogni anno in Italia muoiono 40 mila persone per cause collegate all’alcol. E ne muoiono 500 per tutte le altre droghe, eroina, cocaina, eccetera.

Secondo l’Istat ci sono 3 milioni di bevitori a rischio e 1 milione di alcolisti duri. Eppure dell’alcol si parla malvolentieri, non solo per abitudine culturale o interesse. La diffusione è la sua miglior difesa. Come capita alle piaghe della violenza sessuale e della pedofilia, contro le quali si strepitano sempre allarmi, ma guai a dire che otto volte su dieci avvengono tra le sacre pareti della sacra famiglia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2011

mercoledì 23 febbraio 2011

lunedì 14 febbraio 2011

Berlusconi è minoranza nel Paese


In questi ultimi anni la politica e il giornalismo italiano sono ruotati tutti intorno a una grande bugia: la falsa convinzione che Silvio Berlusconi e il berlusconismo fossero maggioranza nel Paese. I numeri, per la verità, hanno sempre detto il contrario. Anche quando Berlusconi era all’apice della sua forza (le elezioni del 2008) mai ha saputo raccogliere il 51 per cento dei consensi. IlCavaliere si è invece fermato al 37 per cento dei votanti (cosa diversa rispetto agli aventi diritto al voto), per poi perdere seguito ad ogni tornata elettorale. La grande menzogna, però, è stata ripetuta, raccontata, enunciata e analizzata talmente tante volte, da finire per essere presa per vera. Con rassegnazione, e senza necessariamente riferirsi solo al Cavaliere, in molti dicevano che il nostro Paese ha la classe dirigente che si merita. Che una nazione fatta di furbi, di evasori fiscali, di fannulloni, di corrotti e di raccomandati, poteva solo essere rappresentata da Berlusconi e dai suoi vari cloni.

Ebbene, si sbagliavano. L’Italia era (ed è) un’altra cosa. Gli italiani – sia a destra che a sinistra – sono in maggioranza un popolo straordinario. Fatto di donne e di uomini che si ammazzano (quando ce l’hanno) di lavoro. Che s’impegnano in quasi 500.000 organizzazioni di volontariato. Che vanno all’estero (4 milioni) per riuscire a fare quello che in patria è impossibile. Questo non è (solo) il Paese delle mafie più potenti del mondo, della classe politica più corrotta di tutta l’Europa occidentale. Questo è, invece, il Paese di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, delle associazioni anti-racket, della Confindustria e dei commercianti che in Sicilia dicono di no al pizzo. È il paese di Giorgio Ambrosoli, di Libero Grassi, di Peppino Impastato, dei giornalisti minacciati in Calabria, dei poliziotti che si pagano da soli la benzina per le loro auto, dei dipendenti pubblici che si portano da casa i computer per far funzionare i loro uffici, degli operai che occupano le fabbriche e salgono sui tetti chiedendo solo di poter lavorare.

L’Italia, insomma, è molto meglio di chi al Governo e in Parlamento immeritatamente la rappresenta. E in questa domenica di febbraio, grazie alle donne, cominciamo ad accorgercene. Mai prima d’ora si era assistito a manifestazioni tanto imponenti organizzate non dai partiti, ma dalla gente. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza non per moralismo, ma per dignità. Senza odio, senza violenza, hanno detto che loro alla grande bugia non ci stanno più.

Berlusconi che pure, grazie alla compravendita dei deputati, ha ancora la maggioranza alle Camere, è sempre più minoranza nel Paese. Come dimostrano i vari flop delle manifestazioni organizzate dal Pdl, anche tra chi ha votato il Cavaliere è ormai difficile trovare qualcuno disposto a spendersi per lui. Il Re, non solo metaforicamente, è nudo. Inutile però illudersi. Il presidente del Consiglio non si dimetterà. Non lo farà ora. Per costringerlo a lasciare ci vorranno molti altri 13 febbraio, molte altre piazze, e una finalmente chiara richiesta di elezioni anticipate. Solo così chi in Parlamento milita al fianco di Berlusconi- non per lealtà, ma per interesse – azzarderà due calcoli. E comincerà a capire che reggere il sempre più pesante trono di un vecchio Sultano in agonia non conviene. Perché al momento dell’inevitabile caduta tutta la corte finirà travolta.
Fonte: ilfattoquotidiano.it